Integrare credenze tra un vagone e un ritardo…

Amata, amatissima Trenord. Ho amato ogni suo ritardo. Ogni suo treno soppresso. Ogni sua misteriosa sosta di ore tra le risaie. Per lunghi anni è stata la mia scuola, la mia biblioteca, il mio luogo di ispirazione, il mio personale ashram. Con la scusa di condurmi al mio Posto Fisso, in realtà generava mille impedimenti affinché io potessi dedicare più tempo alla mia ricerca, ai miei studi, alle mie sperimentazioni
È tra questi sedili che ho lasciato andare le più grandi credenze sul lavoro dipendente. Approfittando di quella strana privacy che si crea nel torpore collettivo e nell’anonimato di un non-luogo come il treno.
Solo raramente mi sentivo intercettata dallo sguardo di qualche passeggero, incuriosito in un attimo di lucidità dalle mie ‘posture di rilascio-credenze’ ma poi veniva risucchiato nuovamente dalle irresistibili spire dello smartphone e io tornavo magicamente Invisibile.
E così grazie a questa ‘linea lenta’ ho accelerato il passo verso nuovi meravigliosi orizzonti. E così 6 anni fa è arrivato il giorno in cui ho lasciato il posto fisso. E ho lasciato questa magica linea. E le sue bolle senza tempo.
E stamattina, che sono a chiederle un saltuario passaggio dopo tanto tempo, mi siedo e in un attimo mi trovo improvvisamente travolta da un’emozione infinita, un improbabile senso di devozione, una Gratitudine fatta di lacrime e di complicità, fra me e questi sedili. E alzo lo sguardo verso gli altri passeggeri, imbarazzata da queste lacrime che non riesco a fermare in nessun modo.
Ma anche questa volta, ritrovo quella magica privacy, tra torpore e anonimato. Nessuno mi guarda. E sorrido. Grata di poter godere ancora una volta di questa inspiegabile magia. 

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