Sembra che migliorare sia il nostro dovere di umani. Speriamo tutti che l’economia migliori, che la situazione politica migliori, che i tempi migliorino… A scuola ci dicevano che dovevamo migliorare. Da grandi ci propongono manuali di automiglioramento. Ma siamo sicuri che migliorare sia una virtuosa ambizione?
Per rispondere a questa domanda è sufficiente fermarsi un attimo, fare un respiro e dire “Io voglio migliorare”
Che sensazione provi? E’ del tutto piacevole?
Se ti ascolti bene sentirai che questa affermazione, apparentemente costruttiva, ha un retrogusto vagamente amaro. Perche? Perche l’assunto subconscio di base dietro a questa affermazione è che ora, in questo momento, sei fondamentalmente incompleto, imperfetto. Migliorare significa che c’è qualcosa che devi ancora sapere, imparare, capire o fare per essere al massimo. Migliorare in altre parole significa che in questo momento sei al 50 70 o 80% rispetto al tuo pieno potenziale.
L’idea di miglioramento porta con sè uno stato di implicito depotenziamento mentale (ecco il gusto amaro) che ci pone sempre a un metro dall’obiettivo.
Ci hanno raccontato che questa tensione all’obiettivo ci sprona, ci motiva all’evoluzione. Ma è davvero cosi?
La spinta al miglioramento ci pone in una continua dinamica di compensazione: “lavoro oggi per migliorare, così che un giorno io possa valere più di quanto valgo ora”. Entriamo così in una continua rincorsa verso il momento in cui saremo più xxx di quanto siamo ora. E poi un giorno moriamo… Game Over. Ma funziona davvero così il gioco?
L’idea di miglioramento rinnega la verità inconfutabile, potremmo dire ‘matematica’, e cioè che ora, in questo momento siamo al 100%, cosi come eravamo ieri e come saremo tra un anno. Sempre al 100%. Siamo un meraviglioso pezzo unico, un capolavoro senza precedenti, un ecosistema dinamico che in ogni momento coniuga sapientemente infinite variabili provenienti dalle nostre memorie e dalle nostre convinzioni e credenze subconsce e genera un frame, una diapositiva unica e irripetibile, che è la nostra manifestazione in ogni momento.
Ma perchè continuiamo a raccontarci la storia che un giorno saremo migliori di oggi? Cosa ci trattiene dall’arrenderci alla nostra innegabile perfezione?
La credenza fake di base é che se davvero ci riconoscessimo nella nostra perfezione, non avremmo più motivi per andare avanti, non avremmo più una spinta per agire.
Ma non è così..
Una mente intrappolata nella logica del miglioramento, si affanna per porre rimedio alla propria implicita inadeguatezza, lavorando in una costante condizione di depotenziamento, e quindi di stress.
Una mente potenziata, invece, consapevole della propria costante perfezione, è una mente creativa. Una mente che si libera dalla logica del miglioramento, esce dalla trappola della compensazione e si apre all’Espansione. Esce dalla rincorsa ed è finalmente libera di sperimentare infinite nuove forme.
Lavorare sulle proprie credenze subconsce con un affermazione come “Rinuncio all’illusione di migliorare e sono libero di sperimentare” ci sostiene nel riconoscerci nella nostra costante perfezione, spalancandoci infinite possibilità di manifestare il nostro inesauribile potenziale.